Cenni legislativi e normativi di riferimento sulla pariteticità e bilateralità in Italia


Gli Organismi Paritetici con il dialogo sociale ed il passare degli anni, tenendo conto dell’evoluzione della cultura giuridica, hanno assunto un’importanza sempre crescente il cui approdo è rappresentato dal D.lgs 81/08 e dalle modifiche apportate dal D.lgs 106/09. La rilevanza di tali enti è testimoniata dal susseguirsi di testi legislativi ed accordi sindacali, tra cui la c.d. “legge Biagi”, la legge 3 agosto 2007 nr. 123, ma prima ancora, il d.lgs. 626/1994 con il quale sono stati creati gli «organismi paritetici», il vero e proprio risultato di tale evoluzione; ad oggi, infatti, tali enti hanno assunto un ruolo fondamentale di aiuto alle imprese nelle materie della sicurezza sul lavoro, ed in generale, del mercato del lavoro.

Nell’ottica di una generale ridefinizione della materia della salute e sicurezza sul lavoro l’art. 20 d.lgs. 626/1994 aveva previsto proprio la costituzione, tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, di organismi bilaterali paritetici cui venivano affidati specifici compiti in materia di sicurezza sul lavoro: è la prima volta che questo genere di enti assume tale denominazione, sebbene organismi analoghi, denominati Comitati paritetici territoriali già esistessero, con funzioni comparabili, ma la cui particolarità era data dal fatto che erano regolati e definiti da specifici accordi di categoria.

Il d.lgs. 626/94, dunque, di fatto, ne raccoglie l’eredità positiva, assegnando loro, al contempo, un’essenziale funzione di accompagnamento e sostegno ad aziende e lavoratori nella fase di avvio della nuova normativa.

Il d. lgs. 626/94, in particolare all’art. 20 prevedeva che <<A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori>>. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.

L’art. 22 comma 6 «La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori», affida agli organismi paritetici il ruolo di orientare e promuovere iniziative formative nei confronti dei lavoratori e dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), ed il ruolo di fungere da prima istanza di riferimento per dirimere le controversie che dovessero sorgere in azienda sulla concreta applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione. L’insieme delle funzioni ed attribuzioni degli organismi paritetici, unitamente alla rete di relazioni interorganizzative  promosse, danno corpo ad un sistema integrato di gestione bilaterale e partecipativo delle problematiche legate alla sicurezza e alla prevenzione degli incidenti sul lavoro. La bilateralità si rivela dunque uno strumento di particolare importanza, caratterizzato dalla compresenza di parti tradizionalmente antagoniste nel sistema delle relazioni industriali.
 

D.lgs 276/2003 
L’Art. 2 lett. h definisce gli «enti bilaterali»: organismi costituiti a iniziativa di una o  piu’   associazioni   dei   datori   e   dei   prestatori  di  lavoro comparativamente piu’ rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione  del  mercato del lavoro attraverso:
– la promozione di una occupazione  regolare  e di qualita’;
– l’intermediazione nell’incontro tra  domanda  e  offerta  di  lavoro;
– la programmazione di attivita’ formative e  la  determinazione  di  modalita’  di  attuazione della formazione  professionale in azienda;
– la promozione di buone pratiche contro  la  discriminazione  e  per  la  inclusione dei soggetti piu’ svantaggiati;
– la  gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito;
– la certificazione dei contratti di lavoro e  di  regolarita’  o  congruita’ contributiva;
– lo sviluppo di azioni inerenti  la salute e la sicurezza sul lavoro;
– ogni altra attivita’ o funzione  assegnata  loro  dalla  legge o dai contratti collettivi di riferimento.
 

Legge 123/2007 
La legge 3 agosto 2007 nr. 123, interviene nel processo “evolutivo” riguardante gli Organismi paritetici, attribuendo loro ulteriori funzioni rispetto al passato: in particolare l’art. 1 comma 2 lett. h), in tema di misure poste a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro delegate al Governo, individua tra i principi e i criteri direttivi proprio la «rivisitazione e il potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali strumenti di aiuto alle imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro». Dunque, oltre a quanto già previsto dal d.lgs. 626/1994, gli organismi paritetici sono chiamati a svolgere anche un ruolo di assistenza “nel merito” alle imprese, che richiede di conseguenza la sussistenza in capo agli organismi medesimi di competenze professionali e risorse a tal fine dedicate. Con l’emanazione della legge 123/2007 si è in altre parole segnato un grande passo in avanti nell’ottica della predisposizione di un sistema integrato e condiviso per la promozione della sicurezza e della salute sul lavoro.
 

Il d.lgs. 81/2008 e il d.lgs. 106/2009 
Ulteriore e decisivo passo in avanti nell’evoluzione normativa legata alla figura degli organismi paritetici è dato dall’emanazione del d.lgs. 81/2008. L’art. 2, comma 2 lettera ee) del TUSL indica la composizione e la funzione degli Organismi Paritetici senza però qualificarne la natura giuridica: sotto tale profilo, dunque, la legge lascia ampio spazio perché tali enti si costituiscano, in modo autonomo e spontaneo, secondo le forme giuridiche ritenute più funzionali agli scopi perseguiti. Nella definizione di cui al d.lgs.81/2008, in particolare all’art. 2 lett. ee), gli organismi paritetici sono definiti « organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale quali sedi privilegiate per:
– la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;
– lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro;
– l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia;
– ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento». La norma in questione individua due aspetti:
–  la necessaria rappresentatività degli Organismi Paritetici
–  la finalizzazione al confronto tra datori di lavoro e lavoratori sul comune obiettivo del miglioramento della qualità del sistema di sicurezza sui luoghi di lavoro. L’art. 51 del TULS modificato ed integrato dal decreto correttivo 106/2009, definisce ulteriori compiti e funzioni degli organismi in questione.

Gli Organismi paritetici e la formazione di cui all’art. 37 d.lgs 81/08 Tra le numerose ed importanti funzioni destinate agli Organismi paritetici, una riflessione a parte merita il tema della formazione dei lavoratori e dei RLS.

Occorre a tal proposito esaminare le specifiche disposizioni che attribuiscono agli Organismo Paritetici (OP) un ruolo in tema di formazione: 1) L’art. 2 lett. ee) TUS tra le funzioni affidate agli organismi paritetici, individua «la programmazione di attività formative».
2) L’art. 51 comma 3 bis prevede che «Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione………..»
3) Il comma 12 dell’art. 37, come sostituito dal decreto correttivo, prevede che «La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro…..».  Le variazioni apportate rispetto alla versione originaria del decreto 626 hanno riguardato, per quanto concerne la collaborazione con gli organismi paritetici, dapprima l’introduzione della espressione “ove presenti” (d.lgs. 81/2008) e poi, di quella “nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro” (d.lgs. 106/2009), a chiara indicazione che il legislatore, da un lato ha dovuto prendere in considerazione che in Italia gli organismi paritetici sono presenti solo in alcune zone e solo nell’ambito di alcuni settori dell’attività lavorativa e, dall’altro, ha voluto ridimensionare e limitare l’adempimento di tale “obbligazione” sia territorialmente che settorialmente. Il tenore letterale di tale norma pare sancire per il datore di lavoro un obbligo di collaborazione e non una facoltà.
4) l’art. 37 comma 7 bis, inserito dal decreto 106/09 prevede che «La formazione di cui al comma 7 (dirigenti e preposti) può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori».

Come noto, in data 21 dicembre 2011 sono stati pubblicati gli Accordi Stato/Regioni per la formazione dei lavoratori ex art. 37 comma 2 e per i datori di lavoro che svolgono le funzioni di prevenzione e protezione dei rischi a cui sono seguiti ulteriori Accordi Stato/Regioni di notevole importanza fra i quali quello del 7 luglio 2016.

Per quanto riguarda la formazione dei lavoratori nella premessa dell’Accordo è stato stabilito che «in coerenza con le previsioni di cui all’art. 37, comma 12, d.lgs. n. 81/2008, i corsi di formazione per i lavoratori vanno realizzati previa richiesta di collaborazione agli enti bilaterali, quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera h), del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integrazioni e agli organismi paritetici, così come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del d.lgs. 81/2008, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale opera l’azienda. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione. Ove la richiesta riceva riscontro da parte dell’ente bilaterale o dell’organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione, anche ove tale realizzazione non sia affidata agli enti bilaterali o agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall’ente bilaterale o dall’organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione delle attività di formazione».

In sintesi il DDL ( Datore Di Lavoro ) in tema di formazione dovrà:

  1. richiedere previamente la collaborazione degli OP;
  2. se non ci sono OP procedere autonomamente alle attività di formazione;
  3. tenere conto delle indicazioni degli OP anche se non sono gli stessi ad effettuare la formazione;
  4. se gli OP non rispondono entro 15 giorni procedere autonomamente con il programma di formazione.

La normativa pone alcune questioni problematiche !

In primis l’identificazione degli OP.

Al fine di risolvere ipotetici conflitti è intervenuta con fini chiarificatori la circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 29 luglio 2011 nr. 20: una prima delicata questione affrontata è quella dell’individuazione dei requisiti legali che legittimano gli organismi paritetici e gli enti bilaterali all’esercizio delle attività formative e la collaborazione in tale ambito con le imprese e, più in generale, delle attribuzioni riconosciute agli stessi dall’art. 51 d.lgs. n. 81/2008.

Inoltre, a scanso di equivoci, è stato precisato che questo obbligo sussiste nei limiti dell’art. 37, comma 12, d.lgs. n. 81/2001, ossia la collaborazione è richiesta solo con l’organismo paritetico che «operi nel settore di riferimento e non in diverso settore e che sia presente nel territorio di riferimento e non in diverso contesto geografico».

Tuttavia, restano ancora alcuni altri lati oscuri come, per esempio, l’applicazione di questo principio alle imprese diversificate e a quelle plurilocalizzate per le quali è auspicabile, quindi, un successivo chiarimento.

Infine, il Ministero ha ricordato che questi requisiti e limiti consacrati nell’art. 2, D.Lgs. n. 276/2003, e negli artt. 2, comma 1, lettera ee), e 37, comma 12, D.Lgs. n. 81/2008, trovano applicazione anche per quanto riguarda la legittimazione degli organismi paritetici e degli enti bilaterali a svolgere le attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione e promozione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, previste dall’art. 10, D.Lgs. n. 81/2008 (anche art. 51, D.Lgs. n. 81/2008) attraverso la stipula di convenzioni con le imprese.

Una seconda questione attiene alle conseguenze giuridiche della mancata richiesta di collaborazione degli OP da parte del datore di lavoro.

Sino all’emanazione dell’Accordo si riteneva che non vi fossero conseguenze sul piano penale ed amministrativo in quanto per la violazione del comma 12 dell’art. 37 il Legislatore non ha previsto alcuna sanzione.

Non essendo configurabile una contravvenzione era altresi preclusa la possibilità per gli Organi di vigilanza di esperire le procedure previste dal D.lgs 758/1994.

Ma qualche riflessione va fatta a seguito dell’entrata in vigore dell’Accordo.

Una lettura sistematica dell’art. 37 conduce a ritenere che il comma 1) che indica l’oggetto della formazione dei lavoratori, vada letto ed interpretato in combinato disposto con il comma 2 che rimanda, per la definizione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione di cui al comma 1, al citato Accordo.

Se così è, posto che l’obbligo di collaborazione è stato ribadito nelle premesse dell’Accordo, rientrando a pieno titolo nell’oggetto dello stesso, potrebbe manifestarsi il concreto rischio che la mancata richiesta di collaborazione possa venire sanzionata come violazione dell’art. 37 comma 1.

Assume pertanto un preciso significato la previsione di un termine entro cui l’OP deve rispondere, per evitare, infatti, che il DDL possa essere, e non per sua colpa, ritenuto inadempiente.

Sarà pertanto importante che lo stesso sia in grado di documentare la richiesta di collaborazione che potrà sostanziarsi in una semplice comunicazione sulle iniziative e sulle modalità con cui intende attuare la formazione di cui sarà cura del DDL conservare traccia al fine di dimostrare di avervi adempiuto (es. Pec, raccomandata annullata con timbro postale).

3. L’asseverazione dei Modelli di organizzazione e gestione di cui all’art. 30 d.lgs 81/08

Una delle più importanti novità introdotte nel D.Lgs.106/09 al comma 3-bis dell’art. 51, concerne la previsione di due servizi che gli OP possono fornire alle imprese su richiesta:

1)      l’attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese tra cui le attività formative.

2)      l’asseverazione dell’adozione ed efficace attuazione dei Modelli di organizzazione e gestione della sicurezza di cui all’art. 30, della quale gli organi di vigilanza possono tenere conto ai fini della programmazione delle proprie attività.

Come accennato, tra i compiti affidati dal TUSL agli Organismi Paritetici si annovera in via primaria il supporto alle imprese per “l’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 51 co. 3 TUSL).

Tale compito si realizza tramite l’espletamento di diverse attività, tra cui un ruolo fondamentale assumono, da una parte, lo svolgimento e la promozione di attività di formazione in materia di sicurezza del lavoro, e, dall’altra, l’attività di “attestazione” ed “asseverazione”.

Occorre sottolineare come l’attività di attestazione sia diversa (formalmente e sostanzialmente) da quella di asseverazione ed entrambe si distinguono da un terzo tipo di attività, consapevolmente non menzionata (e quindi esclusa) dall’art. 51 TUSL: l’attività di certificazione.

Procedendo gradualmente, si rende necessario innanzitutto individuare gli elementi di divergenza tra “attestazione” e “asseverazione” partendo dalle rispettive definizioni letterali.

Attestare significa dare atto di ciò che è avvenuto, o meglio dichiarare fatti al cui verificarsi si ha assistito direttamente come testimone. Pertanto in tale ambito l’Organismo Paritetico può attestare ciò che ha reso come servizio all’impresa in materia di sicurezza.

Il termine asseverazione ha, invece, una nozione più specifica e spesso viene usato nell’ambito, ad esempio, delle consulenze stragiudiziali richieste ad esperti e tecnici.

Sicchè, mentre l’attestazione ha riguardo ad accadimenti empirici (dichiarazione che un fatto è avvenuto in presenza del dichiarante), l’asseverazione implica sempre anche aspetti valutativi.

Non casualmente, infatti, le due attività presentano anche ai sensi del TUSL oggetti diversi e, in particolare, la prima riguarda il fatto materiale della realizzazione di attività di supporto alle imprese in materia di sicurezza e la seconda concerne, invece, specificamente, la qualità e la corretta attuazione dei modelli organizzativi già adottati dalle stesse.

L’asseverazione, è bene precisarlo, non è in grado di impedire al Giudice, di verificare l’effettiva adozione e l’efficace attuazione del Modello di gestione SGSL in quanto non vi è alcuna indicazione legislativa che attribuisca all’asseverazione il valore di una presunzione di conformità ai requisiti di cui all’art.30, diversamente per quanto accade per i sistemi di gestione della sicurezza redatti in conformità alla norma OHSAS 18001 o alle linee guida UNI INAIL del settembre 2001 o ai Modelli che saranno indicati dalla Commissione consultiva permanente.

Pertanto, dal punto di vista strettamente giuridico, la “asseverazione” non può rappresentare una patente di conformità del Modello ai requisiti di legge: al più, può essere considerato un elemento di valutazione ai fini della sua idoneità, liberamente valutabile dal giudice penale.

A prescindere dal giudizio degli Organismi Paritetici, esso potrebbe non rilevarsi conforme ai parametri di cui all’art. 30 TUSL o idoneo a prevedere ed evitare il rischio infortunio.

Si segnala, altresì, che ad oggi le commissioni paritetiche non dispongono di criteri ben definiti cui fare riferimento per l’asseverazione, né sono indicati i requisiti che devono possedere i membri delle commissioni paritetiche, limitandosi la legge a fare riferimento alla competenza tecnica. In conclusione, in assenza di linee guida di matrice statale cui gli Organi paritetici debbano attenersi nell’esprimere la propria valutazione sui Modelli organizzativi ex art. 30 D.lgs 81/08, le Società e Imprese che decidano di rivolgersi a tali Enti dovrà essere consapevole, almeno allo stato attuale, che l’eventuale asseverazione può non rappresentare, di per sè sola, prova dell’efficace attuazione del Modello SGLS.